Venerdì 25 Ottobre 2024 dalle 17.45 alle 19.00

Daniela d’Amely—Layers

Con immenso piacere al Clivo Bistrot si inaugurerà una mostra di opere di straordinaria ed insolita bellezza, create dalla fantastica Daniela d'Amely.

Dopo anni di estenuanti e per lo più improduttive diatribe familiari sul vero colore della “A” o di “Milano” o del “4” o del mese di “Giugno”, nel corso della sua vita creativa Daniela d’Amely ha poi virato questa modalità percettiva sinestetica verso una rinnovata ricerca di senso, elevandola attraverso immagini e colori a sistema esistenziale, oltre che conoscitivo.

Attraverso i suoi layers, dai più vecchi e ‘didascalici’ ai più recenti e ‘astratti’, Daniela cerca di dare corpo a quegli sconfinamenti nel mondo prelogico che hanno a che fare non tanto con ciò che si stampa sulla retina, quanto piuttosto con ciò che si annida dietro le palpebre quando gli occhi si chiudono: le immagini che emergono attraverso la sovrapposizione tra oggetti irrelati e fitte tessiture cromatiche sono i fosfeni che tanto ci piacevano da bambini, quando riuscivamo a prolungare dietro gli occhi chiusi, che non volevano ancora dormire, delle iridescenze di luce e di colore che attenuavano il buio della notte tenendo accesi al minimo i motori della vita, benché smarginandone i dati di realtà.

I layers di Daniela d’Amely sono caleidoscopi sensoriali in cui si condensano visioni estemporanee come pure lunghi processi esistenziali, per cui, e per fare solo un esempio, si può stare a bagno in un’acquasentiera con accanto una fetta di arancia come pure in una pentola di brodo di pollo con una cipolla o un sedano per spugna. Le immagini che si moltiplicano in questi layers non hanno mai un valore descrittivo, ma sempre e soltanto evocativo o ludico: sono condensazioni oniriche che rimandano al mondo interiore dell’autrice e che inducono lo spettatore a fare i conti con il proprio, a ricercare i propri fosfeni, a sgretolare con assoluta naturalezza la logica della razionalità a tutto vantaggio di un ininterrotto e indisturbato processo metonimico e sinestetico.

Daniela d’Amely ci offre le lenti dei suoi layers per guardare la vita attraverso una costante sovrapposizione di dati - oggetti, volti, scorci - sistematicamente scorporati dai loro contesti e perciò bisognosi di volta volta, direi a ogni sguardo, di essere risemantizzati: ogni dato perde la propria tridimensionalità oggettiva a vantaggio di una tridimensionalità collettiva, che è insieme centrifuga e centripeta; come nella realtà onirica, in essi la vita fluisce senza alcun confine preciso, senza nulla di già scritto o di cristallizzato in forma definitiva e già data.

I layers non chiedono dunque uno sguardo analitico-descrittivo, se non nel piacere di scoprire, per esempio, un volto mimetizzato dietro un camouflage, ma uno sguardo capace di abbandono, uno sguardo permeabile e, per questo, vitale e vitalizzante come già i richiami dei loro ripidissimi cromatismi.

Floriana d’Amely